Quattro Nobili Verità, Pali Chattari-ariya-saccani, Sanscrito Chatvari-arya-satyani, una delle dottrine fondamentali del Buddismo, che si dice sia stata esposta dal Buddha, il fondatore della religione, nel suo primo sermone, che tenne dopo la sua illuminazione.

Affresco del Buddha predicatore al Wet-kyi-in, Gu-byauk-gyi, Pagano, c. 1113.
Affresco del Buddha predicatore al Wet-kyi-in, Gu-byauk-gyi, Pagano, c. 1113.

J.A. Lavaud, Parigi

Buddha
Leggi di più su questo argomento
Buddhismo: Le Quattro Nobili Verità
La consapevolezza di queste realtà fondamentali portò il Buddha a formulare le Quattro Nobili Verità: la verità della miseria (dukkha;…

Anche se il termine Quattro Nobili Verità è ben noto in inglese, è una traduzione fuorviante del termine pali Chattari-ariya-saccani (sanscrito: Chatvari-arya-satyani), perché nobile (pali: ariya; sanscrito: arya) si riferisce non alle verità stesse ma a coloro che le comprendono. Un’interpretazione più accurata, quindi, potrebbe essere “quattro verità per i nobili”; sono quattro fatti che sono conosciuti come veri da coloro che hanno intuito la natura della realtà, ma che non sono conosciuti come veri dagli esseri ordinari. Il Buddha dichiarò nel suo primo sermone che quando ottenne la conoscenza assoluta e intuitiva delle quattro verità, raggiunse la completa illuminazione e la libertà dalle rinascite future.

Le Quattro Nobili Verità sono accettate da tutte le scuole di buddismo e sono state oggetto di ampi commenti. Possono essere riassunte come segue. La prima verità, la sofferenza (Pali: dukkha; sanscrito: duhkha), è caratteristica dell’esistenza nel regno delle rinascite, chiamato samsara (letteralmente “vagare”). Nel suo ultimo sermone, il Buddha identificò come forme di sofferenza la nascita, l’invecchiamento, la malattia, la morte, l’incontro con lo spiacevole, la separazione dal piacevole, il non ottenere ciò che si desidera, e i cinque “aggregati” (skandhas) che costituiscono la mente e il corpo (materia, sensazioni, percezioni, formazioni mentali e consapevolezza).

La seconda verità è l’origine (Pali e Sanscrito: samudaya) o causa della sofferenza, che il Buddha associò al desiderio o attaccamento nel suo primo sermone. In altri testi buddisti le cause della sofferenza sono intese come derivanti da azioni negative (ad esempio, uccidere, rubare e mentire) e dagli stati mentali negativi che motivano le azioni negative (ad esempio, desiderio, odio e ignoranza). In questi testi, lo stato mentale dell’ignoranza si riferisce a una concezione errata attiva della natura delle cose: vedere il piacere dove c’è il dolore, la bellezza dove c’è la bruttezza, la permanenza dove c’è l’impermanenza, e il sé dove non c’è il sé.

Abbonati a Britannica Premium e accedi a contenuti esclusivi. Subscribe Now

La terza verità è la cessazione della sofferenza (Pali e Sanscrito: nirodha), comunemente chiamata nibbana (Sanscrito: nirvana).

La quarta e ultima verità è il sentiero (Pali: magga; Sanscrito: marga) verso la cessazione della sofferenza, che fu descritto dal Buddha nel suo primo sermone.

Le quattro verità identificano quindi la natura insoddisfacente dell’esistenza, identificano la sua causa, postulano uno stato in cui la sofferenza e le sue cause sono assenti, ed espongono un percorso verso questo stato.

Categorie: Articles

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *