Anche se le origini certe della parola Palestina sono state dibattute per anni e non sono ancora note con certezza, si ritiene che il nome derivi dalla parola egiziana ed ebraica peleshet. Tradotto approssimativamente con il significato di rotolare o migrare, il termine era usato per descrivere gli abitanti della terra a nord-est dell’Egitto – i Filistei. I filistei erano un popolo egeo – più strettamente imparentato con i greci e senza alcun legame etnico, linguistico o storico con l’Arabia – che conquistò nel XII secolo a.C. la pianura costiera mediterranea che oggi è Israele e Gaza.
Un derivato del nome Palestina appare per la prima volta nella letteratura greca nel V secolo a.C. quando lo storico Erodoto chiamò la zona Palaistina. Nel II secolo d.C. i romani schiacciarono la rivolta di Shimon Bar Kokhba (132 d.C.), durante la quale Gerusalemme e la Giudea furono riconquistate e l’area della Giudea fu rinominata dall’imperatore romano Adriano Palaestina nel tentativo di minimizzare l’identificazione ebraica con la terra di Israele.
Intorno all’anno 390, durante il periodo bizantino, la provincia imperiale di Siria Palaestina fu riorganizzata in Palaestina Prima, Palaestina Secunda e Palaestina Salutaris. Dopo la conquista musulmana, i nomi dei luoghi che erano in uso presso l’amministrazione bizantina continuarono generalmente ad essere usati in arabo e l’uso del nome “Palestina” divenne comune nel primo inglese moderno.
Sotto l’impero ottomano (1517-1917), il termine Palestina fu usato come termine generale per descrivere la terra a sud della Siria; non era una designazione ufficiale. Infatti, molti ottomani e arabi che vivevano in Palestina durante questo periodo si riferivano all’area come Siria meridionale e non come Palestina.
Dopo la prima guerra mondiale, il nome Palestina fu applicato al territorio che originariamente doveva far parte del mandato britannico; quest’area includeva non solo l’attuale Israele ma anche l’attuale Giordania. Gli ebrei che vivevano in Palestina si riferivano tipicamente ad essa come Eretz Yisrael in ebraico, ma si identificavano come ebrei palestinesi in inglese, come riflesso da istituzioni come il giornale Palestine Post (poi Jerusalem Post) e la Palestine Symphony Orchestra (poi Israel Philharmonic Orchestra).
Brian Schrauger ha notato:
Per l’indipendenza di Israele nel 1948, era comune per la stampa internazionale etichettare come palestinesi gli ebrei, non gli arabi, che vivevano nel mandato. Secondo Zachary Foster, il primo arabo ad usare il termine “palestinese” fu Farid Georges Kassab, un cristiano ortodosso di Beirut che “notò di sfuggita” nel suo libro del 1909, Palestina, Ellenismo e Clericalismo” che “‘gli ottomani palestinesi ortodossi si chiamano arabi, e sono in effetti arabi,’ nonostante descriva gli arabofoni della Palestina come palestinesi per tutto il resto del libro.”
Foster dice che il termine fu successivamente usato in alcuni articoli di giornale nel 1910-1911. Sostiene che “Nel giugno 1913, il concetto di identità palestinese cominciò a formarsi nei media, spingendo il parlamentare ottomano e musulmano di Gerusalemme Ruhi al-Khalidi a scrivere un articolo intitolato “la razza palestinese” per il giornale Filastin, sostenendo che i sionisti stavano cercando di creare una società di esclusione in Palestina.”
Sei anni dopo, nel 1919 si tenne il primo “Congresso arabo palestinese”, durante il quale, come ha notato David Margolis, gli arabi chiesero “l’unità e l’indipendenza della Palestina, pur comprendendo ancora la Palestina come parte della ‘Grande Siria’”
Le parole “Palestina” o “Filastin” non appaiono nel Corano. Il termine peleshet appare nel Tanakh ebraico non meno di 250 volte. Compare almeno otto volte in otto versetti della concordanza ebraica della Bibbia di Re Giacomo.
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