Negli studi sulla schizofrenia, uno dei risultati più sorprendenti è il ritardo nell’inizio del trattamento. Questo ritardo varia da 1 a 2 anni per i pazienti con sintomi psicotici a diversi anni se si considera la fase prodromica.1 Eppure la durata della psicosi non trattata si è rivelata un fattore critico della prognosi, compreso il funzionamento psicosociale, nei pazienti con schizofrenia.2,3 L’identificazione degli individui in fase prodromica non solo offre l’opportunità di intervenire in una fase sintomatica più precoce, ma potrebbe anche essere associata a una migliore risposta agli antipsicotici e a un migliore risultato complessivo del trattamento.
Che cosa c’è in un nome?
Diversi termini, tra cui ultra alto rischio, alto rischio clinico, stato mentale a rischio, sindrome da rischio di psicosi e schizofrenia/psicosi prodromica, sono stati usati per descrivere la fase prodromica della schizofrenia. La proposta di includere la sindrome da psicosi attenuata (APS) nel DSM-5 – originariamente intesa a catturare i soggetti con deliri sottosoglia, allucinazioni o comportamenti disorganizzati, che si verificano almeno una volta alla settimana nell’ultimo mese e peggiorano nell’ultimo anno – ha generato un dibattito sulla validità di tale categoria diagnostica4,5 che è culminato nell’inclusione dell’APS come condizione da studiare ulteriormente ma non come termine di uso clinico6 . La sua presenza nel DSM-5 porta in primo piano l’importanza di un intervento clinico precoce nei pazienti a rischio di sviluppare la malattia psicotica.
La schizofrenia non è inevitabile
La fase prodromica può essere vista come una sequenza di sintomi in evoluzione7 (Box 18,9), che iniziano con sottili differenze evidenti solo alla persona che li sperimenta e spesso progrediscono verso una psicosi breve limitata intermittente (BLIPS) o una psicosi attenuata.8
In effetti, la prodrome è una diagnosi retrospettiva. È stato riscontrato che il potere predittivo della conversione in psicosi varia da un minimo del 9% a un massimo del 76%10 , suscitando preoccupazioni etiche per l’alto tasso di falsi positivi, il presupposto di inevitabilità associato al termine “prodromo della schizofrenia “9 e il potenziale di sovradiagnosi ed errata diagnosi. Sono state espresse anche preoccupazioni circa lo stigma psicosociale e l’esposizione ai farmaci antipsicotici.11
Un caso per un impegno precoce
In retrospettiva, i pazienti che alla fine progrediscono verso la malattia psicotica si trovano comunemente nella fase prodromica da diversi anni. Eppure il primo contatto di molti pazienti con i servizi psichiatrici avviene durante un episodio florido di psicosi acuta. Identificare i pazienti nel primo periodo prodromico offre l’opportunità di coinvolgerli più efficacemente e formare un’alleanza terapeutica.12 Qualsiasi giovane adulto che si presenta con un declino della funzione accademica o professionale, ritiro sociale, perplessità e apparente angoscia o agitazione (Tabella 113-16) senza un chiaro fattore precipitante dovrebbe quindi essere attentamente monitorato, in particolare se ha una storia familiare di psicosi.
Strumenti di screening. Una varietà di interviste e scale di valutazione (Tabella 28) sono state sviluppate per valutare e monitorare le persone a rischio, alcune delle quali sono state progettate per rilevare i sintomi di base nella fase iniziale del prodromo. Oltre alle scale strutturate, diversi strumenti self-report – tra cui il Prodromal Questionnaire-Brief (PQ-B), Youth Psychosis At Risk Questionnaire-Brief (YPARQ-B), Prime Screen-Revised, e PROD-screen (Screen for prodromal symptoms of psychosis) – si sono rivelati utili nello screening di un ampio campione per identificare coloro che potrebbero aver bisogno di ulteriori valutazioni.17
Aumentato rischio di conversione. Diversi fattori clinici sono associati a un aumento del rischio di conversione in malattia psicotica.9 Oltre alla storia familiare, questi includono:
– maggiore gravità e maggiore durata dei sintomi positivi attenuati
– presenza di pensieri e comportamenti bizzarri
– paranoia
– declino del punteggio della valutazione globale del funzionamento nell’anno precedente
– uso di cannabis o anfetamine.
Una storia di trauma infantile, una maggiore sensibilità ai fattori di stress psicosociale e una disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisario sono stati associati alla progressione verso la psicosi.18
Prove recenti suggeriscono che la fase prodromica è un predittore non solo per la psicosi ma anche per altre malattie psichiatriche invalidanti, come il disturbo bipolare e il disturbo ossessivo-compulsivo.19
Da un punto di vista fenomenologico, il disturbo del senso di sé, caratterizzato da caratteristiche quali depersonalizzazione, derealizzazione, diminuita reattività alle altre persone e all’ambiente, e intensa riflessività verso se stessi o gli altri, è stato proposto come un marcatore critico per la progressione verso la psicosi.20 Un altro fattore predittivo è la percezione della negatività degli altri verso se stessi. Gli esempi includono un’accresciuta sensibilità al rifiuto o alla vergogna, che sembra emergere da un modello di attaccamento insicuro, e lo status di outsider sperimentato dagli immigrati di fronte a molteplici barriere sociali, culturali e linguistiche.21 La presenza di sintomi ossessivo-compulsivi durante la fase prodromica è stata collegata a una significativa compromissione del funzionamento, un passaggio acuto alla psicosi e un aumentato rischio di suicidio.22
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