La negritudine è stata definita da Léopold Sédar Senghor come “la somma dei valori culturali del mondo nero come sono espressi nella vita, le istituzioni e le opere degli uomini neri”. Sylvia Washington Bâ analizza la poesia di Senghor per mostrare come il concetto di negritudine la infonda ad ogni livello. Uno schizzo biografico descrive la sua infanzia in Senegal, la sua illustre carriera accademica in Francia e la sua elezione a presidente del Senegal.
I temi dell’alienazione e dell’esilio pervadono la poesia di Senghor, ma è grazie all’opposizione della sua sensibilità e dei suoi valori a quelli europei che ha potuto formulare il suo credo. Il suo tema chiave, e il valore supremo della civiltà nera africana, è il concetto di forze vitali, che non sono attributi o incidenti dell’essere, ma l’essenza stessa dell’essere. La vita è un modo di essere essenzialmente dinamico per l’africano nero, ed è stata la conquista di Senghor di comunicare l’intensità e la vitalità africana attraverso l’uso delle sfumature, sottigliezze e sonorità della lingua francese.
Nel capitolo finale Sylvia Washington Bâ discute il futuro della convinzione di Senghor che la cultura dell’uomo nero dovrebbe essere riconosciuta come valida non semplicemente per una questione di giustizia umana, ma perché i valori della negritudine potrebbero essere strumentali alla reintegrazione di valori positivi nella civiltà occidentale e al riorientamento dell’uomo contemporaneo verso la vita e l’amore.
Pubblicato originariamente nel 1973.
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