Pochi possono capire meglio la sfida dell’amor proprio di chi è orfano e ripudiato. Io appartengo a quel club. Mia madre e mio padre mi hanno entrambi abbandonato nella mia adolescenza. Come figlio unico, senza famiglia negli Stati Uniti, ho sopportato il primo di molti Natali da solo durante il mio ultimo anno di scuola superiore.
Quando si è costretti a passare una festa da soli, la prima inclinazione è spesso quella di ignorare completamente la festa. Per anni ho impiegato questa strategia. Non ho lasciato la mia casa, perché non volevo vedere luci e decorazioni. Invece, ho lavorato durante le vacanze e forse ho guardato qualche DVD (nessuna pubblicità festiva da sopportare). Ma alla fine ho sempre imparato: Più cerchi di allontanare le feste, più ti perseguiteranno, come spettri maliziosi, finché alla fine ti ritrovi alle 2 di notte ad ascoltare “Someday You Will be Loved” dei Death Cab. Sono andato con il giornale della domenica a un buffet di sushi, e mi sono seduto a leggere e a sgranocchiare unagi per tutto il pomeriggio. Mi sono sentita ridicola e autoindulgente, e quella grandiosità era appena sufficiente a scrollarmi di dosso il mio dolore per le tradizioni infantili perdute. Forse, pensai, se avessi abbracciato le feste ma le avessi trasformate in qualcosa di inventivo e interamente mio, avrei potuto godermele alle mie condizioni.
Una vigilia di Natale, andai in un ristorante di lusso nel mio quartiere che non potevo permettermi ma che avevo sempre voluto provare. Ho ordinato un osso buco e l’ho mangiato lentamente, assaporandolo. Il proprietario è passato al mio tavolo e mi ha chiesto perché stavo mangiando da solo. Gli ho detto che non avevo nessuno con cui festeggiare, così mi ha versato un bicchiere di vino e si è seduto. Disse che anche lui non aveva nessuno con cui festeggiare. Era stato perseguitato in quanto curdo alevita che viveva in Turchia, così è fuggito negli Stati Uniti, dove ha imparato a cucinare italiano e alla fine ha aperto il suo ristorante. Abbiamo scambiato storie e altro vino, ridendo e diventando alticci finché non ha dovuto chiudere. Quella sera ho imparato che il calore dello spirito natalizio è un terreno fertile per la gentilezza, ma anche la crudezza di un Natale di merda può esserlo.
Il giorno dopo, sono andato sul mio tetto, ho messo la mia musica preferita e ho mangiato dei funghi magici. Mentre ballavo con i prismi dell’arcobaleno che attraversavano il cielo, ho riconosciuto che la mia capacità di sopravvivere a questi Natali in solitaria era un significativo testamento della mia forza interiore. Non mi sentivo patetico – mi sentivo potenziato.
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