Computer artwork degli otto pianeti del sistema solare

I fisici hanno progettato un’intelligenza artificiale che pensa come l’astronomo Nicolaus Copernicus capendo che il Sole deve essere al centro del sistema solare.Credit: NASA/JPL/SPL

Gli astronomi hanno impiegato secoli per capirlo. Ma ora, un algoritmo di apprendimento automatico ispirato al cervello ha capito che dovrebbe collocare il Sole al centro del sistema solare, basandosi su come appaiono i movimenti del Sole e di Marte dalla Terra. L’impresa è uno dei primi test di una tecnica che i ricercatori sperano di poter utilizzare per scoprire nuove leggi della fisica, e forse per riformulare la meccanica quantistica, trovando modelli in grandi serie di dati. I risultati appariranno su Physical Review Letters1.

Il fisico Renato Renner dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) di Zurigo e i suoi collaboratori volevano progettare un algoritmo che potesse distillare grandi serie di dati in poche formule di base, imitando il modo in cui i fisici arrivano a formulare equazioni concise come E = mc2. Per fare questo, i ricercatori hanno dovuto progettare un nuovo tipo di rete neurale, un sistema di apprendimento automatico ispirato alla struttura del cervello.

Le reti neurali convenzionali imparano a riconoscere oggetti – come immagini o suoni – allenandosi su enormi set di dati. Scoprono caratteristiche generali – per esempio, “quattro zampe” e “orecchie a punta” potrebbero essere usate per identificare i gatti. Poi codificano queste caratteristiche in “nodi” matematici, l’equivalente artificiale dei neuroni. Ma piuttosto che distillare queste informazioni in poche regole facilmente interpretabili, come fanno i fisici, le reti neurali sono una specie di scatola nera, che sparge la loro conoscenza acquisita su migliaia o anche milioni di nodi in modi che sono imprevedibili e difficili da interpretare.

Così il team di Renner ha progettato una specie di rete neurale ‘lobotomizzata’: due sottoreti collegate tra loro solo attraverso una manciata di collegamenti. La prima sottorete avrebbe imparato dai dati, come in una tipica rete neurale, e la seconda avrebbe usato questa ‘esperienza’ per fare e testare nuove previsioni. Poiché pochi collegamenti collegavano le due parti, la prima rete era costretta a passare informazioni all’altra in un formato condensato. Renner lo paragona a come un consigliere potrebbe trasmettere le proprie conoscenze acquisite a uno studente.

Posizionamento del pianeta

Uno dei primi test è stato quello di dare alla rete dati simulati sui movimenti di Marte e del Sole nel cielo, visti dalla Terra. Da questo punto di vista, l’orbita di Marte rispetto al Sole appare erratica, per esempio va periodicamente ‘retrogrado’, invertendo la sua rotta. Per secoli, gli astronomi hanno pensato che la Terra fosse al centro dell’Universo e hanno spiegato il moto di Marte suggerendo che i pianeti si muovessero in piccoli cerchi, chiamati epicicli, nella sfera celeste. Ma nel 1500, Nicolaus Copernicus scoprì che i movimenti potevano essere previsti con un sistema molto più semplice di formule se sia la Terra che i pianeti orbitavano intorno al Sole.

La rete neurale del team ha trovato formule in stile Copernico per la traiettoria di Marte, riscoprendo “uno dei più importanti cambiamenti di paradigma nella storia della scienza”, dice Mario Krenn, un fisico dell’Università di Toronto in Canada che lavora sull’applicazione dell’intelligenza artificiale alla scoperta scientifica.

Renner sottolinea che anche se l’algoritmo ha derivato le formule, un occhio umano è necessario per interpretare le equazioni e capire come si riferiscono al movimento dei pianeti intorno al Sole.

Questo lavoro è importante perché è in grado di individuare i parametri cruciali che descrivono un sistema fisico, dice il robotico Hod Lipson della Columbia University di New York City. “Penso che questo tipo di tecniche siano la nostra unica speranza di capire e tenere il passo con fenomeni sempre più complessi, in fisica e oltre”, dice.

Renner e il suo team vogliono sviluppare tecnologie di apprendimento automatico che potrebbero aiutare i fisici a risolvere le contraddizioni apparenti nella meccanica quantistica. La teoria sembra produrre previsioni contrastanti sul risultato di un esperimento e il modo in cui viene visto da un osservatore sottoposto alle sue leggi2.

“È possibile che l’attuale formulazione sia in qualche modo solo un artefatto storico”, dice Renner. Aggiunge che un computer potrebbe arrivare a una formulazione priva di tali contraddizioni, ma le ultime tecniche del team non sono ancora abbastanza sofisticate per farlo. Per avvicinarsi a questo obiettivo, lui e i suoi collaboratori stanno cercando di sviluppare una versione della loro rete neurale che possa non solo imparare dai dati sperimentali, ma anche proporre esperimenti completamente nuovi per testare le sue ipotesi.

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